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15 Maggio 2023

La grande sfida tra gli ETF Globali: il classico sfida gli smart beta

Investimenti

Tempo di lettura: 5 minuti

Investire una buona parte del proprio capitale in un ETF esposto all’azionariato globale è sempre una buona idea, sia che lo si faccia sotto forma di piano di accumulo (magari a fini pensionistici), sia che si decida di destinare a questo segmento la parte “core” del proprio portafoglio.
La gamma di fondi disponibili è parecchio variegata. Vediamo chi ne esce vincitore.


Quando si pensa ad un investimento di questo tipo, il fondo che viene subito in mente è l’iShares Core MSCI World: è il fondo più grosso, investe direttamente nell’indice MSCI World ed è quello più utilizzato a fini di studio o di comparazione sull’andamento del mercato azionario mondiale.

Ma non è l’unica possibilità! Ci sono molti altri ETF, che pur investendo nella stessa categoria di titoli (azionario globale), permettono di attuare strategie differenti e, magari, di adattarsi meglio alle esigenze e agli obiettivi di investimento di ciascun individuo.


Oggi andremo a confrontare questo mostro sacro con altri tre sfidanti, sempre lanciati e gestiti da Ishares, sempre che investono nell’azionario globale, ma che lo fanno utilizzando criteri di selezione dei titoli al loro interno diversi. Cosa che potrebbe creare delle differenze di rendimento rispetto al fondo classico.
Sto parlando dei cosiddetti ETF Smart Beta, cioè ETF che presentano una gestione semi-attiva, che si discosta, anche se non in modo trascendentale, dal benchmark classico, nell’ovvio tentativo di ottenere risultati migliori sul mercato.


Entriamo nel vivo della sfida e vediamo nel dettaglio quali sono i contendenti al titolo.

  1. iShares Core MSCI World, codice SWDA
    Non ha bisogno di presentazioni. E’ il grande classico, investe replicando l’andamento dell’indice MSCI World (che a sua volta è il più famoso indice di azioni globali) e si concentra sui titoli azionari mondiali dei Paesi sviluppati.
  2. iShares Edge MSCI World Minimum Volatility, codice MVOL
    Investe nell’azionario globale, con un filtro di selezione legato alla bassa volatilità dei titoli in portafoglio. Quindi, almeno sulla carta, un fondo adatto a chi cerca un’esposizione in azioni, ma vuole mettere al riparo il proprio capitale da fluttuazioni di valore eccessive.
  3. iShares Edge MSCI World Value Factor, codice IWVL
    Sempre azionario globale, ma con focus Value, cioè in aziende che operano in settori considerati ormai maturi e quindi a basso coefficiente di crescita futura, caratterizzati da flussi di cassa e guadagni abbastanza stabili e prevedibili e con una buona remunerazioni degli azionisti in termini di dividendi (ad esempio, il settore delle Utility).
  4. iShares Edge MSCI World Momentum Factor, codice IWMO
    Da ultimo, quest’altro ETF, sempre di Ishares, sempre sull’azionario globale, ma questa volta filtrato attraverso un criterio di analisi tecnica (cioè analisi dei prezzi mediante studio dei grafici): il focus è su quei titoli in cui il valore dei prezzi sta accelerando a rialzo, cioè sta avendo un “momentum” di crescita.

Ecco una panoramica completa dei fondi in gara:

Come possiamo vedere, sono quattro ETF ad accumulazione, cioè non distribuiscono alcun dividendo, ma reinvestono tutto in automatico all’interno del fondo.
E sono quattro ETF senza copertura valutaria, cioè sono esposti al rischio cambio valutario globale delle azioni che hanno in pancia. Cosa che permette di confrontare le loro performance, per così dire, alla pari.

Sono anche quattro ETF di grandissime dimensioni e lanciati da parecchio tempo.
Il classico Core MSCI è riuscito dal 2009 ad oggi a raccogliere la cifra astronomica di 40 miliardi di dollari di masse gestite, ma i tre sfidanti si difendono con quasi 4 miliardi ciascuno per il Minimum Volatility e il Value Factor e con un più che dignitoso miliardo e mezzo per il Momentum.

Anche i costi sono abbastanza simili: 0,2% per il Core e 0,3% per i tre sfidanti. Perché questa, seppur piccola differenza di commissioni? Per due ordini di ragioni. Il primo è che l’ETF classico è molto più grosso e quindi verosimilmente è riuscito, mediante economie di scala, a ridurre i costi e ad essere più economico, anche se non di molto. Il secondo motivo è che i tre sfidanti, essendo fondi smart beta, necessitano di un lavoro maggiore per la selezione dei titoli, cosa che si traduce inevitabilmente in maggiori spese per la gestione.


Le prime differenze emergono invece confrontando l’andamento delle performance a 3 e a 5 anni. Vediamo l’immagine.

Innanzitutto, bisogna considerare che l’ETF Core MSCI World è quello che traccia la linea guida, perché replica il principale indice globale. Per cui è su di lui che vanno confrontate le altre performance.

Ebbene, dal confronto emerge che l’ETF Momentum ha fatto notevolmente meglio, sovraperformando nettamente gli altri due Smart Beta e staccando anche il fondo classico di un buon 10%.
E soprattutto secondo me, è riuscito a fare meglio degli altri negli anni più difficili, come il 2020 o il 2018; annate chiuse entrambe con performance nettamente positive, quando gli altri fondi invece stentavano o perdevano valore.
Questo è un punto fondamentale, perché limitare i danni o guadagnare durante i cali di mercato è manna dal cielo per l’interesse composto e nel lungo periodo, si traduce in rendimenti stellari.
Naturalmente, niente di tutto ciò è un indicatore attendibile di prestazioni future, ma solo un’analisi di quello che è stato finora.


Giudicare un buon investimento solamente sulla base della sua performance pregressa non sarebbe però corretto, perché significherebbe attuare una valutazione solo parziale dei dati a disposizione.
La performance, infatti, è solo una faccia della medaglia, l’altra è il rischio. Per cui non è detto a priori che un investimento, che abbia prodotto in tot anni una performance del +50%, sia necessariamente migliore di un altro investimento, che nello stesso periodo di tempo ha avuto invece un rendimento solo del +30%. Questo perché bisogna anche valutare quanti rischi ciascun investimento si è dovuto assumere per poter raggiungere quella determinata performance.

Bisogna cioè valutare qual è stato il suo rapporto rischio/rendimento (ne ho parlato più nel dettaglio qui).
Sempre in via ipotetica, sarebbe meglio un investimento che per fare +30% si assume un rischio del 5% rispetto ad un altro investimento che per fare +50% si assume un rischio dell’80%.

Perché?
Perché al momento di inizio dei due investimenti, io non saprò mai con certezza la performance dopo 5 anni, ma a seconda del rischio, cioè della volatilità, saprò invece che, nel primo caso, dopo 5 anni potrei trovarmi con una perdita del 5%, mentre nel secondo caso anche di un sonoro 80%!

Andiamo allora a vedere nella prossima immagine se, inserendo la componente rischio/volatilità, si conferma la classifica. E anche se l’ETF Minimum Volatility è in effetti riuscito a limitare le oscillazioni del portafoglio, cioè il suo principale obiettivo.

Nella parte alta dell’immagine, possiamo vedere la volatilità dei tre ETF, cioè il rischio, connesso a ciascuno di essi.
A noi però interessa particolarmente la parte bassa, cioè il rapporto Rendimento per il Rischio, a 3 e a 5 anni.
Questo valore, chi ce l’ha più alto vince, senza né sé né ma.

Come possiamo vedere, le differenze prima esistenti si sono notevolmente appianate. 
Il Value, infatti, si conferma fanalino di coda e direi che esce parecchio malconcio da questa sfida.
Il Minimum Volatility resta indietro sui 3 anni, ma sui 5 si porta sui valori del Core MSCI World e del Momentum, grazie alla sua bassa volatilità, che compensa la performance ridotta.
Il Momentum si conferma vincitore, ma di strettissima misura e solo sui 5 anni.


Conclusioni?

L’ETF Momentum Factor ha in effetti sovraperformato il classico Core MSCI World, ma per farlo ha dovuto assumersi rischi maggiori, che hanno in definitiva pesato sul suo rapporto rischio/rendimento.

Per cui, potremmo dire che l’ETF Core resta il fondo di riferimento: prima di tutto, perché replica fedelmente il mercato (funzione prioritaria quando si tratta di investimenti tramite ETF); e seconda cosa, per la sua capacità di abbinare buone performance a rischi tutto sommato contenuti e controllati.

Il Momentum esce molto bene da questa sfida e può rappresentare, sicuramente, un’ottima componente ausiliaria nel portafoglio, pesata quindi in misura minore rispetto all’ETF Core.  Le sue performance sono davvero sorprendenti, pur se con una volatilità notevolmente maggiore. 
E’ uno strumento da bull market, che potrebbe entrare in sofferenza in quelle congiunture in cui si verifica un cambio di trend sul mercato. Questo perché, in quel caso, si vedrebbe costretto a ruotare i titoli al suo interno, operazione che naturalmente richiede tempo e che quindi, nelle sue more, potrebbe portare a perdite di valore, specie se i titoli vecchi nel patrimonio entrassero in un trend decisamente ribassista.

Nonostante ciò, se l’orizzonte temporale dell’investitore è quello di lungo o lunghissimo periodo e quindi la volatilità dello strumento non spaventa troppo, allora questo fondo potrebbe anche accedere alla parte core del portafoglio, sostituendo in quel caso il classico MSCI World, alla ricerca di extra-rendimenti e di minori perdite nel corso delle annate no.