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Chi ha detto che per investire con successo sui mercati finanziari siano necessari un capitale considerevole, un portafoglio infarcito di titoli e numerosissime operazioni di acquisto/vendita? Niente di tutto ciò! Le basi per un investimento di successo restano la semplicità e una buona diversificazione.
Che per investire possano essere sufficienti pochi fondi o ETF, scelti bene, e con una strategia ragionata non l’ho certo scoperto io! Uno dei portafogli più famosi è infatti il 60/40, composto per il 60% da azioni e per il 40% da obbligazioni.
Leggermente più complesso ma pur sempre molto snello è poi il portafoglio Butterfly, che aggiunge ad azioni e obbligazioni anche una quota di oro. La composizione diventa quindi 40% azioni, 40% obbligazioni e 20% di oro.
Si tratta in entrambi i casi di strategie attuabili con poche operazioni sul mercato e utilizzando solo pochi ETF; cosa che oltretutto permette di limitare al minimo le spese di commissione di acquisto/vendita, nonché i costi fissi dello strumento selezionato. Non dimentichiamoci infatti che in tema di investimenti, l’unica cosa certa sono i costi e quindi è bene che siano ridotti all’osso!
Siccome la verità sta sempre nel mezzo, ho ideato per voi un portafoglio personalizzato, che è un po’ un ibrido fra un 60/40 e un Butterfly.
E’ composto per il 50% da azioni, per il 25% da titoli di Stato e per il 25% da obbligazioni indicizzate all’inflazione. Potrei chiamarlo un portafoglio bilanciato 2.0.
Molto brevemente, per chi non le conoscesse, le obbligazioni indicizzate sono obbligazioni governative (quindi Titoli di Stato), in cui però sia la cedola di interesse che spesso anche il capitale investito e che verrà poi rimborsato a scadenza, sono indicizzati (cioè adeguati) al tasso di inflazione vigente (il BTP Italia fa parte di questa categoria per intenderci).
Questa tipologia di strumenti, nel mio portafoglio bilanciato 2.0, sostituisce l’oro: nel portafoglio Butterfly infatti l’oro dovrebbe fungere proprio da paracadute contro l’inflazione. Il momento attuale (che direi possiamo considerare come un discreto stress test inflazionistico!) ha tuttavia dimostrato che l’oro negli ultimi tempi è stato in grado di svolgere questa sua funzione solo a metà. E per tutto il resto del tempo, per di più, non paga uno straccio di cedola né di dividendo, quindi fondamentalmente è un po’ tenuto lì a svernare, senza che ci dia nessun tipo di rendimento. Insomma, uno spreco. Le obbligazioni indicizzate invece pagano interessi, che chiaramente in periodi di bassa inflazione saranno poca roba, però meglio che niente.
Composizione del portafoglio
Fatta questa doverosa premessa, vediamo allora come è possibile creare questo portafoglio.
Bastano tre ETF.
Per la componente azionaria (50%)
E’ bene scegliere un ETF diversificato il più possibile a livello globale (anche se la quota dedicata agli USA la farà sempre da padrone, per forza di cose), di dimensioni superiori ai 500 mln e lanciato da più di 5 anni (vedi la mia precedente guida alla scelta degli ETF per maggiori info in merito).
L’iShares Core MSCI World (ISIN IE00B4L5Y983), lanciato nel 2009 e con un patrimonio di 40 e passa miliardi fa esattamente al caso nostro. Notate le spese fisse di gestione annua dello 0,2% (circa un decimo della stragrande maggioranza dei fondi attivi che investono nello stesso settore).
Si tratta di un ETF estremamente diversificato, che ci permette di investire in più di 1450 aziende in un colpo solo, situate in 23 Paesi nel mondo e operanti in diversi settori dell’economia. Gli USA come anticipato sono preponderanti e pesano per un buon 60% del patrimonio.
Non essendo presente una copertura valutaria, inoltre, permette di esporci a numerose valute internazionali, così da poter eventualmente beneficiare di un loro apprezzamento verso l’euro.
E’ un ETF ad accumulazione, il che significa che i dividendi pagati dalle aziende che ha in pancia non vengono distribuiti agli investitori, ma automaticamente reinvestiti nel fondo, il che è manna per l’interesse composto.
Dalla lista delle prime dieci società che compongono il patrimonio dell’ETF (immagine sopra), oltre alla diversificazione settoriale, quello che balza all’occhio è che già all’ottava posizione (che è occupata da uno dei maggiori colossi farmaceutici al mondo), la quota del titolo è inferiore all’1% del totale del fondo. Questo limita al minimo i rischi sul singolo titolo e quindi il rischio complessivo dell’investimento (se anche dovesse fallire la Apple, premesso che probabilmente sarebbe anche la fine del mondo come lo conosciamo oggi, il fondo sarebbe comunque impattato solo per un misero 5% del suo patrimonio complessivo).
Per i Titoli di Stato (25%)
E’ importante avere un buon grado di diversificazione, senza però andare ad assumersi rischi eccessivi. Questa quota del nostro portafoglio, infatti, deve servire solo da cuscinetto, per diluire la quota di rischio cui ci esponiamo con l’investimento in azioni.
Una buona scelta potrebbe allora essere l’iShares Global Government Bond (ISIN IE00B3F81K65), lanciato nel 2009 e con patrimonio di 1 miliardo di euro scarsi.
Questo ETF investe in Titoli di Stato emessi dai Paesi del G7, cioè Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Consente quindi una buona differenziazione globale, ma rimanendo su nazioni sviluppate e considerate sicure. L’Italia con la sua tripla BBB e outlook stabile è quella col rating più basso e comunque pesa solo per un 6% – 7% sul totale. Ha in pancia obbligazioni di tutta la gamma delle scadenze e si adatta quindi bene ai diversi contesti di mercato.
Anche questa volta il Paese più rappresentato sono gli Stati Uniti, con una quota fra il 30% e il 50%. Ed è un bene, perché il dollaro è il bene rifugio per eccellenza! Quindi, nei momenti di stress economico e finanziario, che sono quelli in cui questa parte del nostro portafoglio dovrà entrare maggiormente in azione per fare da salvagente ai presumibili cali del segmento azionario, gli investitori tenderanno appunto a rifugiarsi nel dollaro, il che porterebbe ad extra guadagni sul cambio valutario.
Come detto a noi interessa soprattutto che questo ETF schermi la volatilità e protegga da eventuali crolli sul mercato azionario. Vediamo allora qual è la sua correlazione con il fondo scelto per la parte azionaria del portafoglio.
Questa immagine non è presa da un sismografo, ma rappresenta la correlazione fra l’ETF obbligazionario e quello azionario, presenti nel nostro portafoglio. Ogni volta che la parte colorata in blu scende sotto 0, significa che i due strumenti hanno performance opposte, cioè uno scende e l’altro sale. Come vediamo, a partire dallo scoppio della pandemia e durante il successivo crollo dei mercati azionari la decorrelazione raggiunge spesso il -1, il che significa decorrelazione perfetta. Insomma proprio quello che ci serve come paracadute.
Come per l’ETF precedente, anche in questo caso il cambio è aperto, quindi vale quanto detto prima sul discorso valute.
E anche qui le spese sono molto base, allo 0,2% annuo.
Per le obbligazioni indicizzate all’inflazione (25%)
Il portafoglio bilanciato 2.0 si completa con l’ETF iShares USD TIPS 0-5 (ISIN IE00BDQYWQ65). 1 miliardo abbondante di patrimonio e lanciato nel 2015, investe nei TIPS, ovvero obbligazioni indicizzate all’inflazione negli USA, emesse dal Tesoro Statunitense.
Anche qui, il ragionamento è lo stesso già fatto per l’altro ETF obbligazionario. Dollaro = bene rifugio = asset acquistata in tempi di difficoltà e specie (come stiamo vedendo oggi), quando un’inflazione elevata porta la FED ad aumentare i tassi di interesse, rendendo i titoli USA ancora più appetibili. Le opportunità quindi sono di doppi guadagni, sia in cedole indicizzate, sia in conto capitale per l’apprezzamento della valuta.
Questa volta ho selezionato un ETF che si concentra su titoli con scadenza massima a 5 anni, per evitare che i guadagni in caso di alta inflazione e quindi crescita dei tassi, siano appunto compensati in negativo da un calo del valore del fondo dovuto all’aumento dei rendimenti (il prezzo delle obbligazioni si muove in maniera opposta a quello dei rendimenti). Infatti, più è ravvicinata la scadenza dell’obbligazione, meno il prezzo è sensibile ad aumento o diminuzione dei tassi e quindi dei rendimenti.
I costi sono anche più bassi rispetto agli altri due ETF selezionati, 0,1% annuo.
Con l’utilizzo di questi tre ETF è già possibile dare vita ad un portafoglio equilibrato, diversificato e adatto a navigare in pressoche ogni scenario finanziario. E con costi complessivi pari a circa lo 0,18% annuo, a fronte dei 2% e rotti della stragrande maggioranza dei fondi comuni a gestione attiva.