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15 Maggio 2023

Verità, falsi miti e accortezze sull’investimento in oro

Investimenti

Tempo di lettura: 7 minuti

In Italia, investimento spesso fa rima con oro. Gli italiani sono tradizionalmente molto propensi a impiegare una parte del proprio patrimonio acquistando lingotti, principalmente con lo scopo di detenere una riserva di valore, che non si dovrebbe svalutare nel tempo. Un investimento in oro però non è sempre la scelta migliore e in più può essere fatto in svariati modi.


Gli italiani in fatto di investimenti tendono ad essere parecchio conservativi. Ad esempio, confrontando i portafogli di due persone di uguale età, ricchezza e situazione personale, una italiana e una statunitense, si potrà facilmente notare come gli investimenti tricolori si concentrino principalmente in un immobile di proprietà, BOT, BTP o buoni postali a iosa e – ahimè – qualche polizza di investimento carica di costi occulti, rifilata al malcapitato di turno dalla banca cui si è rivolto.
Il portafoglio a stelle e strisce invece sarà stracarico di azioni, tutte o per la maggior parte rigorosamente americane e per lo più appartenenti ad aziende emergenti e, dunque, anche parecchio rischiose.

Ma c’è un’altra cosa che non manca quasi mai nel dossier titoli di un buon italiano: una quota di oro, detenuta comprando lingotti, custoditi presso qualche caveau di banca.
L’investimento in oro fisico (possedendo quindi materialmente il metallo) è infatti considerato il modo più sicuro per assicurarsi una riserva di valore e ripararsi da svalutazioni della moneta o di altri asset di investimento, nel corso del tempo.


L’oro infatti è il metallo prezioso per eccellenza, disponibile in quantità limitata (e nota) sulla terra. Per cui
– non si dovrebbe mai svalutare, perché ce n’è solo un certo tot e si sa a quanto ammonta il tot;
– in periodi di alta domanda di questo metallo, essendo lo stesso presente in quantità limitata, il prezzo dovrebbe sempre tendere a salire, andando a bilanciare il portafoglio e riparando il patrimonio da eventuali perdite in altri settori.

Tutto vero? In parte…


Mi compro un po’ di oro e dormo sereno

Purtroppo no, perché nonostante tutto quanto detto sopra, anche l’oro (in tutte le sue forme, lingotti, gioielli, pepite, solido, liquido, dematerializzato ecc.) può perdere valore. E perderne anche tanto!

Grafico della quotazione dell’oro in dollari all’oncia da metà febbraio 2020 a oggi.

Come vediamo nel grafico sopra, negli ultimi due anni scarsi l’oro ha avuto una vita parecchio travagliata e ha messo a segno crescite poderose, seguite da crolli abbastanza preoccupanti.

Guardando più da vicino, si nota che in effetti ha svolto la sua funzione di bene rifugio nel periodo post pandemico, perché – dopo un primo tentennamento – da metà marzo il valore è cresciuto di un 30%. Quando tutti gli investitori, spaventati dalla situazione di inizio pandemia, sono corsi a “ripararsi”, acquistando palate di oro. 
Poi però a inizio agosto 2020, senza apparenti ragioni, il trend si è invertito bruscamente, con un calo del 16,5% (che vi ho evidenziato in rosso).
Un secondo calo, ancora più marcato (intorno al 17,5%) si è poi avuto a inizio marzo 2021. 

E altra cosa importante: chi avesse comprato nella seconda parte del primo rally (cioè dalla seconda metà di luglio 2020) oggi sarebbe probabilmente ancora in perdita.

Per cui:

  1. l’oro è cresciuto di valore nel periodo pandemico, fungendo da bene rifugio. Non abbiamo però alcuna evidenza che questo succederà sempre, perché l’oro è un metallo che non ha un valore intrinseco, ma il valore glielo diamo noi essere umani. Oggi possiamo attribuirgli un determinato prezzo perché lo consideriamo molto prezioso e lo consideriamo una riserva di valore. Domani chissà. 
    Per questa ragione, l’apprezzamento di questo asset non è “legato” ad alcun fondamentale reale, come può invece essere l’aumento di valore del dollaro (che c’è stato nel 2021) per un discorso di tassi di interesse, di economia forte e di materie prime prezzate in quella valuta).
  2. Una quota di oro in portafoglio può tornare utile in momenti come quello di marzo 2020. Meno conveniente è invece correre a comprare oro quando vediamo che le cose precipitano e inizia il panico. Perché a quel punto il rischio di acquistare quando ormai le valutazioni sono cresciute (si veda luglio 2020) e di andare comunque incontro a una perdita (o a guadagni molto risicati) è alto.

Insomma, se si decide di detenere una parte di oro, bisognerebbe creare un cuscinetto nel tempo, in momenti di calma, quando le quotazioni sono basse e poi tenerlo lì a svernare (l’oro non paga né cedole né dividendi, quindi per la maggior parte del tempo è una pseudo zavorra), nell’attesa di giocarselo se e quando le acque dovessero agitarsi.


Inflazione chi? Io sono carico di oro!

Purtroppo no.. Non funziona così, perché l’oro non ripara in modo efficiente dal caro prezzi e questo per una ragione abbastanza ovvia: non paga dividendi né cedole. Per cui, anche se non si dovesse svalutare (cosa che abbiamo visto non è affatto detta), sicuramente non potrà fornirmi rendimenti in grado di superare o di alleviare la morsa inflattiva.
Infatti, all’oro verranno sempre preferite, nel breve e medio periodo, le obbligazioni governative, dato che quando c’è l’inflazione i tassi di interesse verosimilmente saliranno e quindi le cedole saranno più appetitose.
E, nel lungo periodo, le azioni che, come vediamo nell’immagine sotto, sono l’unico asset in grado di sovrastare sempre l’inflazione in un lasso di tempo sufficientemente lungo.

Questo grafico mostra la percentuale di volte, per ciascun orizzonte temporale (5 -10 -15 e 20 anni), in cui una determinata classe ha performato meglio del livello di inflazione presente in quel momento. L’analisi è fatta sul contesto americano, per cui il dato sul prezzo delle case (linea gialla), prendetelo con le pinze, perché qui da noi non funziona così di regola.

Come possiamo vedere l’oro (linea marroncina “gold prices”), nell’intero orizzonte temporale, è in grado di sovrastare l’inflazione solo nel 50 – 55% dei casi.
Meglio fanno i T-Bills (cioè titoli di Stato USA a scadenza 1 – 3 anni – linea Blu) e gli Intermediate Treasuries (cioè titoli di Stato USA a scadenza 3 – 10 anni – linea verde), che rendono sopra l’inflazione il 65 – 75% delle volte. 

E vincitrici assolute sono le azioni (US Equity – linea grigio scuro), che viaggiano stabilmente sopra l’80%, superano il 90% oltre i 10 anni e sui 20 anni hanno battuto il livello dei prezzi nel 100% dei casi!

Attenzione, questo grafico non significa “da ora in poi allora compro solo azioni e ciaone”. Tutto va letto sempre nell’ambito di una corretta pianificazione e di un portafoglio ben diversificato. In cui potrà anche presenziare una quota di oro, ma non per proteggersi dall’inflazione!


Oltre ai lingotti c’è di più

Se, consapevoli di quanto detto fino a qui, avete intenzione di impiegare una parte del vostro capitale in un investimento sull’oro, avete a disposizione fondamentalmente quattro modi di procedere (ce ne sarebbero di più, ma coinvolgono strumenti derivati, quindi li ometto volutamente).

  1. I cari e vecchi lingotti. Questo è il modo più tradizionale e si attua acquistando oro fisico presso una banca o un gioielliere autorizzato alla vendita di oro da investimento.
    I lingotti acquistati potranno poi essere custoditi a casa vostra, scelta non consigliata, data la mole e il peso dei lingotti e il rischio furti cui andreste incontro. Oppure li potrete conservare all’interno del caveau di una banca. In questo caso, dovrete corrispondere una somma per le spese di custodia (circa lo 0,05% – 0,1% del controvalore detenuto) e limiterete però di molto i rischi di furto.

    Altro inconveniente, seppur limitato, di un investimento in oro fisico è quello della liquidità, che si verifica quando vorrete monetizzare l’investimento. In questo frangente, infatti, dovrete rimettere i lingotti sul mercato, trovando un compratore e accordandovi sul prezzo. Il problema è molto limitato perché, almeno di regola, l’oro è molto liquido, cioè si vende facilmente, spesso anche alla stessa banca che lo custodisce. Il prezzo è determinato convenzionalmente a livello globale, quindi (salvo casi rari) le operazioni di vendita dovrebbero filare abbastanza lisce. 
  2. ETF sull’oro. Sono quotati numerosi ETF che investono direttamente su questo metallo prezioso, sia tramite i futures sia in oro fisico, cioè detenendo lingotti.
    Per cui, se volete investire in oro fisico, una valida alternativa all’acquisto di lingotti è data da questi strumenti. Così facendo, non dovrete preoccuparvi della custodia del metallo, non avrete alcun rischio furto e sarete super liquidi, perché in qualunque momento potrete sempre monetizzare, vendendo le quote del fondo che avevate acquistato.
    Uno di questi ETF, ma ce ne sono diversi, è ad esempio il Invesco Physical Gold A (ISIN IE00B579F325), con dimensioni pari a 13,6 miliardi di masse gestite e spese di gestione di euro 0,12%, quindi più o meno simili a quelle di custodia dei lingotti in banca).

    Usare un ETF vi dà però una freccia in più per il vostro arco, ovvero la possibilità di investire coprendo il cambio. Se vi ricordate il primo grafico sopra (quello con la performance dell’oro da marzo 2020), il prezzo dell’oro è espresso in dollari. Per cui, tutti i vostri propositi di protezione del capitale e di rifugio in tempi bui potrebbero essere una chimera, se poi sul più bello, il dollaro si svalutasse. Ecco allora che un ETF euro hedge vi farebbe dormire più sereni. 
    Usare la copertura secondo me è consigliabile, proprio perché si tratta a monte di un investimento salvagente. In altre parole, vorrei essere sicuro al 100% che non intervengano altri fattori in grado di vanificare il corretto funzionamento di questo asset, come appunto la fluttuazione del cambio che, per sua natura, specie nel breve e medio termine, è abbastanza imprevedibile. 
    Per questo scopo, potete usare il Xtrackers Physical Gold EUR Hedged (ISIN DE000A1EK0G3), dimensioni di 1,5 miliardi e spese di gestione 0,59% (la copertura non è gratis, purtroppo).
  3. Comprare azioni (o obbligazioni) delle società che estraggono l’oro. Questo è un buon modo per esporsi indirettamente a questo tipo di investimento. Le società attive nell’esplorazione e nella produzione di oro realizzano grossi guadagni quando il prezzo del metallo cresce. Questo perché i costi che devono sostenere sono per lo più fissi, quindi il margine di profitto cresce esponenzialmente con l’aumentare dei prezzi di vendita del materiale prodotto.
    E, come è naturale, il valore delle loro azioni segue questo trend.

    Avere in portafoglio una quota di azioni di queste società può quindi permettervi di conseguire gli stessi obiettivi di copertura che si avrebbero con l’acquisto di oro fisico (lingotti o ETF), ma, in aggiunta, vi consentirà di lucrare dalla distribuzione di dividendi (molte società attive nel campo minerario sono parecchio generose in merito), di conseguire rendimenti superiori a quelli che vi potrebbero derivare detenendo oro (perché, come detto, queste società guadagnano esponenzialmente dall’aumento di valore del metallo e nei periodi clou, le loro azioni diventano molto richieste) e infine, dalla possibilità (non certezza) di essere protetti anche dall’inflazione (nel lungo periodo).

    I contro di tutto ciò stanno nel fatto che, trattandosi di un investimento in azioni,  l’orizzonte temporale è medio-lungo, non meno di cinque anni, nel corso dei quali il capitale dev’essere tenuto fermo. E, soprattutto, nell‘alta volatilità media di questi titoli, che seguono i trend dell’oro, per cui crescono molto quando l’oro sale e scendono parecchio quando l’oro scende.

    Un’ottimo modo di attuare questa strategia è quella di sfruttare anche qui ETF dedicati, che vi permettono di diversificare fra più società estrattive e di ridurre quindi il rischio complessivo. Vi segnalo il iShares Gold Producers (ISIN IE00B6R52036), con dimensioni di 1,8 miliardi e spese di gestione di 0,55%.
    Attenzione: prodotto rischioso, da inserire solo per quote limitate di portafoglio (massimo 5% del totale investito).
  4. Comprare azioni o obbligazioni di Paesi che producono oro. Questi Paesi, infatti, seppur in maniera minore e meno diretta rispetto alle società produttrici del punto 3, tendono a performare bene quando si ha un aumento di valore dell’oro
    Per usare questa quarta modalità non è necessario avventurarsi nell’acquisto di titoli di Stati  emergenti o di frontiera come Ghana, Perù o Sud Africa. Tra i maggiori produttori di oro al mondo figurano infatti molto più semplicemente gli USA, il Canada (che è forte nella produzione mineraria e petrolifera in generale) e la Cina.

    Per cui, destinare una parte di portafoglio, sia azionario che obbligazionario, a titoli di questi Paesi ci può fornire indirettamente benefici analoghi a quelli che derivano dalla detenzione di oro fisico, potenziati però da un maggiore livello di diversificazione, dalla possibilità di ottenere cedole e dividendi, dal fatto di essere solo minimamente esposti ai cali di valore dell’oro e, nel lungo periodo, di poter beneficiare di una copertura anti-inflattiva. 

Ricapitolando

  1. L’investimento in oro non è quell’ancora di salvezza che si potrebbe pensare all’apparenza.
  2. Una percentuale di oro in portafoglio (massimo 5 – 10% del totale investito) può essere considerata, ma solo accumulando in periodi di basse quotazioni e di calma economica. Non correndo a comprare durante la burrasca.
  3. L’oro non è una buona protezione contro l’inflazione, sono sempre meglio le obbligazioni a breve e media scadenza o le azioni, nel lungo periodo.
  4. L’investimento tramite ETF è consigliabile, perché più snello e liquido e permette di coprire il rischio cambio.
  5. Comprare azioni delle società produttrici di oro è una valida alternativa all’investimento diretto in oro, pur avendo una volatilità elevata e quindi da maneggiare con cognizione di causa.
  6. Comprare azioni o obbligazioni dei Paesi che producono e esportano oro, permette di godere in misura ridotta degli effetti di un investimento diretto in oro, ma permette una maggior diversificazione, una copertura inflattiva nel breve e medio periodo (con le obbligazioni) e nel lungo periodo (con le azioni) e di ottenere, come per il punto precedente, cedole e dividendi, che l’oro non vi pagherà mai.