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Chi investe o ha investito sui mercati prima o poi si sarà trovato a fronteggiare una di queste insidiose trappole.
1. Aspettare il momento giusto per iniziare ad investire
In generale, nella vita non è mai troppo presto per iniziare a investire, né troppo tardi. E nemmeno è necessario aspettare di avere chissà che capitale, perché un’ottima base può essere costruita anche solo con i risparmi dallo stipendio.
La mente umana poi tende a pensare che il tempismo con cui investiamo possa fare la differenza, mentre invece non è così!
Quando i mercati scendono, si aspetta pensando che non sia un buon momento per investire, perché si ha paura di andare poi subito incontro ad ulteriori cali.
Quando poi i mercati risalgono, si aspetta a investire, giudicando l’acquisto a quel punto troppo caro e attendendo che il prezzo del titolo scenda.
Nell’impossibilità ormai acclarata di fare “market timing”, cioè comprare sui minimi e vendere sui massimi, è stato dimostrato che la cosa migliore sia iniziare a investire il prima possibile, comprare in più tranche per mediare sul prezzo e poi restare investiti, sfruttando appieno i rialzi (impreventivabili), che tutti quelli che stanno alla finestra si perdono costantemente!
Potrà essere noioso, ma nel lungo periodo è l’unica cosa che paga veramente.
2. Credere a chi promette guadagni stellari in breve tempo
Purtroppo il mondo della finanza è pieno di lestofanti. Ogni settimana la Consob oscura decine di siti truffa e di abbindolatori, che promettono ai “Clienti” di far ottenere loro rendimenti a doppia cifra nel giro di qualche mese.
In finanza, c’è un detto per cui “se una cosa sembra troppo bella per essere vera, non è vera“.
Il principale indice azionario Usa (e quindi del mondo), cioè l’S&P500, ha una performance storica media intorno all’8-9% annuo e i fondi attivi, che hanno dietro fior fior di asset managers pagati a peso d’oro, regolarmente non riescono a batterlo.
Per cui se qualcuno vi promette la luna, accompagnatelo alla porta.
3. Non diversificare
Diversificare è l’ABC di un buon investimento mentre non farlo è un buon modo per perdere soldi.
Significa sicuramente non mettere tutto sullo stesso comparto (es. portafoglio 100% azionario), ma variare ad esempio fra azioni, obbligazioni, materie prime e liquidità.
Significa però anche differenziare a livello geografico (evitando di esporsi oltremodo all’Italia, che è il posto in cui viviamo e soprattutto guadagniamo) e a livello settoriale (non tutto sul tecnologico quando va di moda).
E non tutto o gran parte sulla stessa azione o obbligazione.
Significa poi non concentrare tutti i risparmi o la liquidità sullo stesso conto corrente, ma aprirne almeno due in caso di somme cospicue (ricordo che le giacenze sono in teoria garantite, fino a 100000 euro per correntista, da un fondo di garanzia, che però non è sufficientemente capiente se dovesse fallire una banca grande).
Insomma significa che tutto dove possibile è meglio evitare di concentrare il rischio, perché potrà anche andar bene cento volte, ma perché devo rischiare di farmi male se poi una volta va male?
Per inciso gli investimenti nel mattone spessissimo sono anti-diversificatori, perché concentrano gran parte del capitale su di un unico immobile.
4. Vendere sui cali e, spesso, sui minimi di mercato
Questo è un errore killer, che tutti conoscono e che ci si ripete come un mantra, ma poi quando arriva il crollo, signori la paura fa 90!
Liquidare l’investimento a seguito di un calo/crollo del mercato significa trasformare una perdita solo virtuale in una perdita invece effettiva di capitale.
L’unico modo per evitare questa debacle, non è ripetersi prima di andare a dormire “se crolla, non vendo, se crolla non vendo”, ma avere a monte una strategia di investimento seria e soprattutto adatta al proprio livello di tolleranza al rischio e ai propri personali obiettivi.
Perché è inutile investire a caso e poi non saper che pesci pigliare quando il vento cambia.
5. Non affidarsi a un Consulente Finanziario Indipendente o, peggio ancora, non affidarsi al sottoscritto 🙂
Scherzi a parte, questo errore è l’ultimo dell’elenco, ma di certo non per importanza. Anzi!
Perché affidarsi ad un Consulente Indipendente e non a un Promotore Finanziario o a una banca può impedirvi di perdere soldi?
Semplice ma fondamentale: perché il primo fa il vostro interesse e vi consiglia solo quello che ritiene sia meglio per voi; i secondi fanno gli interessi della banca e, solo nei rari casi in cui per caso coincidono, anche i vostri.
Mi è capitato ancora l’altro giorno, analizzando il portafoglio fatto da una famosa banca italiana a un mio cliente di vedere l’ennesimo triste ammasso di fondi attivi, “ovviamente” tutti emessi e gestiti da quella stessa banca, in palese conflitto di interessi.
E tutti praticamente identici fra loro, ma comprati in tutti i doppioni possibili, per moltiplicare a dismisura il numero di operazioni, le commissioni e le spese di gestione, con costi paurosi a carico del malcapitato e con performance, per di più, pure scarse.
La spesa annua di questo conto titoli era di circa 750 euro solo di costi di gestione occulti, mentre con una normalissima alternativa in ETF (su cui le banche però non guadagnano e che quindi, se proprio non ne sono costrette, non propongono) avrebbe speso 39 euro all’anno (risparmio di 711 euro all’anno!) e avrebbe realizzato performance quattro volte superiori!
Se per caso vi state dicendo: “ma io però mi sono rivolto/a a una banca e non mi stanno facendo pagare nulla”, attenzione, questi costi sono occulti! Nel senso che non è che li dovete sborsare di tasca vostra, ma vi vengono serenamente decurtati dalla performance dei titoli che avete in portafoglio, quindi dal vostro investimento. E sì, succede anche quando il titolo è in perdita; in questo caso, la perdita diventa una perdita più grande.
Quella di questo triste esempio è la regola, non un’eccezione.
Occhio anche ai finti consulenti indipendenti, che in realtà lavorano per una banca. Se vi dicono che prendono provvigioni o altro, non sono indipendenti, perché il Consulente Indipendente guadagna solo dalla vostra parcella.